I tumori rappresentano una delle principali cause di mortalità nei Paesi sviluppati, molti di questi hanno una lenta progressione e sono spesso codipendenti da fattori di rischio modificabili.

La chemioterapia è un trattamento oncologico che utilizza farmaci per colpire e distruggere le cellule tumorali. Questi farmaci possono essere somministrati per via orale, sottocutanea o parenterale, a seconda del tipo e delle caratteristiche del tumore.

Il trattamento viene solitamente organizzato in cicli, alternati a periodi di pausa per permettere all’organismo di recuperare dagli effetti collaterali e massimizzare l’efficacia sui diversi stadi del ciclo cellulare tumorale. Una volta definito il regime terapeutico, i farmaci vengono somministrati secondo un calendario che può estendersi per settimane o mesi.

L’efficacia della chemioterapia dipende da vari fattori, tra cui il tipo di neoplasia, la sua estensione e la risposta individuale del paziente. Gli obiettivi terapeutici possono variare: ridurre il tumore prima di un intervento o della radioterapia (chemioterapia neoadiuvante), eliminare eventuali cellule residue dopo il trattamento principale per prevenire recidive (chemioterapia adiuvante), oppure alleviare i sintomi nei casi di malattia avanzata (chemioterapia palliativa).

Principali Farmaci Chemioterapici:

Agenti alchilanti

(es. ciclofosfamide, melfalan) legano e danneggiano il DNA delle cellule tumorali, impedendone la duplicazione.

Antimetaboliti

(es. metotrexato, 5-fluorouracile) mimano i componenti del DNA e dell’RNA, bloccandone la sintesi.

Alcaloidi della vinca

(es. vincristina, vinblastina) interferiscono con i microtubuli cellulari, arrestando la mitosi.

Antibiotici antitumorali

(es. doxorubicina, bleomicina) generano danni diretti al DNA e alle membrane cellulari.

Derivati del Platino

(es. cisplatino, carboplatino) creano legami incrociati tra filamenti di DNA, portando a morte cellulare.

La radioterapia è una modalità terapeutica che impiega radiazioni ionizzanti con l’obiettivo di distruggere le cellule tumorali, preservando quanto più possibile i tessuti sani circostanti.

Il trattamento può essere somministrato in due modalità distinte: esterna o interna. Nella radioterapia esterna, un’apparecchiatura denominata acceleratore lineare indirizza con precisione le radiazioni verso la sede del tumore, dall’esterno del corpo. La radioterapia interna, detta anche brachiterapia, prevede invece l’introduzione di una sorgente radioattiva all’interno dell’organismo, in prossimità della lesione da trattare.

La somministrazione della radioterapia richiede una pianificazione accurata. Prima dell’inizio del ciclo terapeutico, il paziente viene sottoposto a esami di imaging, come la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica, al fine di localizzare con precisione la massa tumorale. Queste informazioni permettono di definire la dose di radiazioni più adeguata e di elaborare un piano di trattamento personalizzato.

Durante le sedute, il paziente viene posizionato in modo tale da garantire che il fascio di radiazioni colpisca esclusivamente l’area interessata dalla neoplasia, limitando al minimo l’esposizione dei tessuti sani. Per assicurare la massima precisione nella somministrazione, possono essere utilizzati marcatori cutanei rimovibili o, in alcuni casi, piccoli tatuaggi permanenti.


Complicanze sul cavo orale

Secondo uno studio condotto da Joel B. Epstein, intitolato "Periodontal infection in cancer patients treated with high-dose chemotherapy", che ha analizzato un campione di 369 pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia ad alte dosi, è emersa un’elevata incidenza di complicanze orali associate al trattamento. Tra le manifestazioni più frequenti sono state riscontrate xerostomia (73,4%), disgeusia (61,8%), alterazioni labiali (55,3%) e dolore orale (32,8%), evidenziando l’impatto significativo della chemioterapia intensiva sulla salute del cavo orale.

Un altro studio, "Effect of Class IV Laser Therapy on Chemotherapy-Induced Oral Mucositis", ha evidenziato che la percentuale di pazienti che manifestano la mucosite orale come conseguenza della chemioterapia (TC) è compresa tra il 5% e il 45%, ma sale al 70%-100% se si considera la TC ad alto dosaggio e/o l'associazione con il trapianto di cellule staminali emopoietiche.

 

 

Mucosite orale 

La mucosite orale è una delle complicanze più debilitanti e comuni nei pazienti sottoposti a chemioterapia e radioterapia, soprattutto quando i trattamenti coinvolgono il distretto testa-collo.

Una meta-analisi recente ("Prevalence and risk factors of oral mucositis in patients with head and neck cancer receiving radiotherapy: A systematic review and meta-analysis") ha rilevato una prevalenza del 94% di mucosite orale indotta da radiazioni nei pazienti con tumori della testa e del collo. Inoltre, il 37% di questi pazienti ha sviluppato forme gravi di mucosite. I principali fattori di rischio identificati includono la chemioterapia concomitante, il fumo, il diabete, un pH orale ≤ 7,0 e il consumo di alcol.

Uno studio condotto presso l'ospedale regionale di Mbarara, "Prevalence and associated factors of oral mucositis among adult cancer patients on chemotherapy at Mbarara Regional Referral Hospital" ha riportato che il 42,9% dei pazienti adulti sottoposti a chemioterapia ha sviluppato mucosite orale. I fattori di rischio indipendenti associati a questa condizione erano il sesso femminile, una scarsa igiene orale e l'uso di agenti alchilanti.


"Effect of Class IV Laser Therapy on Chemotherapy-Induced Oral Mucositis"

 

 

Tra marzo 2010 e gennaio 2012, 20 pazienti idonei (9 uomini e
11 donne) sono stati arruolati nello studio.

Dopo tre settimane di trattamento con terapia laser a bassa potenza (LPLT), il 70% dei pazienti ha mostrato una completa guarigione delle lesioni orali e nessun sintomo residuo. Il restante 30% ha riportato la scomparsa del dolore, pur in presenza di lesioni ancora visibili ma meno gravi. L’efficacia della LPLT è stata riscontrata in tutte le aree del cavo orale trattate, con miglioramenti sia nella guarigione delle lesioni sia nella riduzione del dolore. Le immagini cliniche illustrano questo progresso in tre pazienti con diversi tipi di tumore (leucemia, carcinoma faringeo, tumore del colon), suggerendo che i pazienti con neoplasie ematologiche rispondono meglio al trattamento rispetto a quelli con tumori solidi o della testa-collo.

Sono stati utilizzati 48 topi femmina C57BL/6, in cui la mucosite è stata provocata mediante un trattamento combinato: chemioterapia con 5-fluorouracile (due dosi) e successiva applicazione topica di acido acetico sulla lingua per accelerare l’irritazione e simulare il danno mucosale osservato nei pazienti oncologici. Una volta indotta l’OM, gli animali sono stati suddivisi in tre gruppi sperimentali: un gruppo di controllo, che non ha ricevuto alcuna terapia laser; un gruppo trattato con terapia laser a bassa potenza (LPLT), utilizzando un fascio a 635 nm; e un gruppo trattato con terapia laser ad alta potenza (HPLT), con lunghezza d’onda di 970 nm.

Le sezioni istologiche riportate nell’immagine illustrano l’aspetto tissutale della lingua dei topi nei giorni 4 e 10 dall’inizio della terapia. Nel gruppo di controllo, le lesioni appaiono ancora molto evidenti: la mucosa risulta assottigliata, ulcerata, con una forte infiltrazione infiammatoria e degenerazione evidente delle fibre muscolari. Al contrario, nei topi trattati con LPLT si osserva una riduzione parziale dell’infiammazione e una discreta riorganizzazione tissutale, segno che la terapia ha avuto un effetto benefico, seppur moderato.

Tuttavia, il risultato più sorprendente si osserva nel gruppo trattato con HPLT. In questi animali, a soli dieci giorni dall’induzione della mucosite, il tessuto mostra quasi totale guarigione: le ulcerazioni sono scomparse, l’infiltrato infiammatorio è minimo, e le fibre muscolari della lingua risultano perfettamente conservate, indicando non solo un effetto antinfiammatorio, ma anche una marcata azione rigenerativa del laser ad alta potenza.

La valutazione con immunofluorescenza confronta l’infiammazione e la formazione di nuovi vasi (arteriole) nei diversi gruppi sperimentali (controllo, LPLT, HPLT). Le sezioni sono colorate per marcare cellule endoteliali (in verde) e muscolari lisce (SMA, in rosso). Al giorno 4, tutti i gruppi mostrano una forte infiammazione. Tuttavia, al giorno 10, l’HPLT mostra una drastica riduzione dell’infiltrato infiammatorio e un numero significativamente maggiore di arteriole neoformate rispetto al controllo e alla LPLT. Le immagini dimostrano che l’HPLT stimola non solo la guarigione, ma anche una riorganizzazione vascolare più efficiente nel tessuto mucosale danneggiato.

Xerostomia

La disfunzione delle ghiandole salivari è un effetto collaterale comune dei trattamenti antitumorali. La xerostomia, la sensazione soggettiva di secchezza delle fauci tipicamente accompagnata da iposalivazione, è una condizione comune ma spesso trascurata che può compromettere profondamente la qualità della vita di un individuo.

La quantità di saliva probabilmente non è l'unico fattore che contribuisce alla xerostomia, poiché differenze nella composizione salivare sono associate a una xerostomia più grave indipendentemente dalla quantità di saliva prodotta.

In uno studio ("Cancer therapy–related salivary dysfunction") trasversale prospettico di 155 pazienti, coloro che ricevevano regimi chemioterapici, incluso il fluorouracile (5-FU), hanno riportato xerostomia nel 56%-69% dei casi, mentre quelli che ricevevano taxani hanno riportato xerostomia nel 56% dei casi. Per quanto riguarda la radioterapia, invece, con le vecchie tecniche di radioterapia, il 50%-70% dei pazienti sottoposti a radioterapia alla testa e al collo sviluppava xerostomia. Con le moderne tecniche di somministrazione delle radiazioni si può ridurre l'incidenza a circa il 30%, a seconda dello stadio della malattia.

Sia la mucina che l'amilasi diminuiscono dopo la radioterapia. Mentre le proteine ​​totali sono associate a uno stato infiammatorio e si è riscontrato che aumentano transitoriamente dopo la radioterapia, tendono a tornare ai valori normali in 2 anni. Il pH salivare diminuisce sia durante che dopo il trattamento con radioterapia. I pazienti con RIX, quindi, mostrano disfunzione sialochimica e iposalivazione. La fisiopatologia della RIX include atrofia delle cellule acinose e infiammazione cronica all'interno delle ghiandole salivari. Queste determinano alterazioni del volume salivare, del pH e della viscoelasticità.

Trattamento

Attualmente, i trattamenti per la xerostomia sono in gran parte palliativi e mirano a ridurre i sintomi piuttosto che a risolvere la disfunzione ghiandolare. Le strategie includono:

  • Sialagoghi (es. pilocarpina, cevimelina): stimolano la produzione salivare ma possono causare effetti collaterali fastidiosi.

  • Sostituti salivari: offrono sollievo temporaneo ma non migliorano la funzionalità delle ghiandole.

  • Tecniche moderne di radioterapia (es. IMRT): riducono il danno alle ghiandole rispetto ai metodi tradizionali.

  • Trattamenti emergenti: includono terapia genica (es. AQP1), cellule staminali (es. MSC), biomateriali e approcci farmacologici innovativi. Alcuni di questi hanno mostrato miglioramenti significativi in studi clinici preliminari.

Prevenzione

  • Valutazione e igiene orale pre-trattamento: Prima di iniziare la chemio o radioterapia, è essenziale eliminare carie, infezioni e problemi gengivali. Un’igiene orale professionale aiuta a ridurre il rischio di complicanze infiammatorie durante il trattamento.
  • Protocollo di igiene orale durante la terapia: Durante la terapia, mantenere la bocca pulita e idratata riduce il rischio di ulcere e sovrainfezioni. Sono consigliati risciacqui con soluzioni non irritanti e spazzolini morbidi.
  • Trattamenti preventivi specifici: Laserterapia a bassa intensità (LPLT),Gel mucoadesivi alla propoli
  • Terapie farmacologiche e topiche:
    Benzydamina: un collutorio antinfiammatorio che ha dimostrato efficacia nella prevenzione della mucosite, soprattutto nei pazienti sottoposti a radioterapia per tumori della testa e del collo.

    Palifermina: un fattore di crescita epiteliale che stimola la rigenerazione della mucosa, riducendo la durata e la severità della mucosite nei pazienti ad alto rischio.

  • Terapie fisiche e naturali:
    Crioterapia orale: l'uso di ghiaccio in bocca durante la somministrazione di alcuni chemioterapici (es. 5-FU) riduce significativamente l'incidenza della mucosite.

    Miele: ha mostrato efficacia nel ridurre il rischio di mucosite moderata-severa nei pazienti sottoposti a chemio/radioterapia.

  • Tecniche radioterapiche avanzate: Utilizzo di tecniche di radioterapia conformazionale che consente di ridurre la dose alle ghiandole salivari parotidee e sottomandibolari, limitando il danno funzionale.
  • Agenti farmacologici protettivi:

    Amifostina: agente radioprotettivo somministrato per via endovenosa prima della radioterapia, con effetto selettivo sulle cellule sane.

    Pilocarpina e cevimelina: stimolanti salivari, utili nei pazienti con ghiandole ancora parzialmente attive.

  • Sostituti salivari e terapie di supporto: Nei casi di xerostomia già in atto, si usano gel, spray idratanti e stimolanti salivari.